Il coaching per aiutare chi aiuta

Partiamo da una storia per scoprire il mondo del coaching. Da un racconto, che arriva dal mondo del non profit, della cooperazione internazionale, dove normalmente non ci sono progetti di coaching strutturati e dove il coaching non viene considerato una pratica diffusa come strumento di sviluppo.
Da questa storia nasce il progetto avviato da ImpactSkills, in stretta collaborazione con Inside Coaching School, con l’obiettivo di sviluppare gradualmente l’apprendimento e la contestualizzazione della cultura del coaching, intesa come “approccio e strumento”, funzionale a sostenere lo sviluppo delle persone nella gestione del loro ruolo.
A raccontarci questa storia è Paolo Romagnoli che da più di 20 anni si occupa di risorse umane con una specifica competenza nel settore non profit. È anche consulente, formatore e orientatore in diversi enti, in particolare del terzo settore.
Paolo, tra coaching e cooperazione che nesso c’è?
C’è un’evidenza nella cooperazione: lo sguardo e l’azione sono sempre stati concentrati sui progetti e sull’aiuto agli altri. Ma chi cura chi cura? Questo è il punto. Spesso gli operatori che lavorano nella cooperazione vivono un senso di abbandono e di scarsa attenzione unito ad un impegno consistente, totalizzante, rischioso e spesso al limite. Chi opera in questo contesto, sia all’estero sia in Italia, pur coprendo ruoli e incarichi di grande responsabilità e delicatezza è seguito e sostenuto solo parzialmente nel suo operare e nella crescita professionale, dando spesso per scontato le capacità e la “tenuta” nel tempo. Il coaching è una risposta tecnica e strutturata per sopperire a questa mancanza. Le forti motivazioni connesse all’identificazione con valori, cause sociali e l’impegno per gli altri, che sono sempre stati driver fondamentali di ingaggio – oggi – possono essere arricchite e rafforzate dal valore aggiunto dei percorsi di coaching.
Cosa è concretamente il coaching?
Il coaching è definibile come una partnership tra coach e coachee (così si definisce chi riceve un’azione di coaching) che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.
Non è psicoterapia, counseling, né consulenza o mentoring. Ha specificità interessanti che possono funzionare meglio di altri approcci nella cooperazione. Alcune delle sue caratteristiche vincenti sono azione in partnership, responsabilità e libertà di decisione del coachee, processo creativo, massimizzazione del potenziale personale e professionale, concretezza.
Consiglieresti ad un cooperante che ha dei problemi da risolvere, di rivolgersi ad un coach?
Certamente e per diversi motivi: il coaching è molto democratico non ti dice cosa devi fare, non ti da la pappa pronta, ma ti aiuta creativamente a ritrovare dentro te stesso le ragioni e gli stimoli per cambiare e migliorare. E’ molto concreto: ogni incontro finisce con una azione che il coachee sceglie e su cui si misura.
E poi è tutto proiettato nel futuro. È un approccio espansivo che fa ritrovare motivazioni e voglia di stare bene. In un mondo della cooperazione dove i valori, le motivazioni le energie, nonostante tutto, sono ancora ampiamente presenti, si tratta solo di farle esprimere ancora e meglio e l’approccio coaching è sicuramente un bel strumento.
Se uno decide “di provare” come può fare?
ONG 2.0 da sempre all’avanguardia nel cogliere le esigenze di una cooperazione che cambia, ha intuito questa esigenza di coaching e a breve sarà possibile con un semplice click sul sito accedere a percorsi con coach esperti certificati. Dopo l’estate, per chi fosse interessato a imparare un approccio coaching da utilizzare nel suo lavoro e nella sua vita, potrà iscriversi ad un corso propedeutico fatto apposta per questo.
Paolo qual è l’ultimo consiglio che vuoi dare?
Ho avuto l’opportunità di fare un percorso e diventare coach. Ho scoperto come aiutare il coachee concretamente a traguardare il ponte verso il futuro. In partnership, con uno stile concentrato sul coachee condizioni che potenziano l’autosviluppo e aprono a nuovi insight.
Nel mio mondo, dove lavoro da anni, siamo sempre capaci, nonostante tutto, di cavarcela in situazioni complesse. Come posso dimenticare i momenti in Africa in cui abbiamo inventato dal nulla e creativamente delle soluzioni adatte ad un contesto difficile. Ricordo ad esempio quando abbiamo attivato, in periodo di carestia, attività di lavoro socialmente utile per i nostri beneficiarli dove l’emergenza era sempre stata gestita semplicemente con la consegna di sacchi di farina. In apparenza piccole cose ma che hanno fatto la differenza in termini di responsabilità e di approccio. A volte hanno addirittura cambiato e migliorato progetti. Chissà quante altre situazioni i miei amici e colleghi cooperanti potrebbero raccontare. Ma è un tesoro spesso nascosto e mi pare che si sprechi l’alto potenziale che c’è.
L’approccio coaching l’ho sentito nello stesso tempo capace di valorizzare ciò che si fa e capace di potenziare ciò che si dovrà fare a partire da ciò che si è.
Non mancano i valori e la dedizione nel mondo della cooperazione internazionale. Manca un luogo dove dirselo e dove riflettere su come mettere a frutto ciò che si sente e ciò che si è imparato trovando così nuove risposte e nuove soluzioni per il futuro.
Il coaching per me è un’arte potente e affascinante che sono sicuro darà ottimi frutti agli operatori della cooperazione.